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MICHAEL GOLDEN: "DECISI DI LAVORARE A THE 'NAM PERCHÈ ERO STUFO DEI SUPER-EROI E VOLEVO FARE QUALCOSA DI ADATTO ALLA MIA GENERAZIONE"


The 'Nam Lettere dal fronte
copertina dell'edizione italiana
edita da Panini Comics


Chi segue abitualmente questo blog (e le mie farneticazioni su di esso) ricorderà che qualche tempo fa mi ero congedato da uno dei miei post con una promessa, sarei tornato a parlare di the 'Nam (QUI potrete trovare il post e la relativa promessa). Dal mio punto di vista, the 'Nam, serie bellica estremamente realistica realizzata da Doug Murray e Michael Golden, è una delle serie più importanti della Marvel di quegli anni (il primo numero fu pubblicato nel 1986),  un nitido esempio dello spirito di quei tempi e della forte volontà del fumetto (e dei suoi autori) di mostrare al mondo intero di essere maturo e di essere adatto a lettori di ogni età (oltre che a essere aperto a ogni tipo e forma di sperimentazione artistica).

Modern Masters vol. 12
Dopo avervi parlato della genesi di the 'Nam, dunque, mi soffermo sulla testimonianza di Michael Golden, disegnatore della prima annata della serie. L'intervista che vi presento è uno stralcio tratto dall'imprescindibile Modern Masters (Twomorrow Publishing) dedicato all'autore, intervista condotta da Eric Nolen-Weathington.

Parliamo un po' di the 'Nam. Hai cominciato a lavorare alla serie cominciando con una storia breve sull'antologia Savage Tales...

Sì, alcune storie brevi.

Si trattava di prove per una serie regolare? 

No, si trattava di storie concepite per essere ciò che erano. Per Savage Tales, Larry [Hama, al tempo editor della serie] aveva ingaggiato questo scrittore, Doug Murray, che aveva realizzato i soggetti per delle storie brevi, di una o due pagine, ambientate in Vietnam; storie che, suppongo, Murray riteneva molto fighe. Una volta ci ritrovammo assieme a parlarne. Mi sembrò chiaro che non si trattasse di storie vere e proprie, si trattava più che altro di frammenti di storie, brevi aneddoti. Fu allora che gli dissi: "Bene, perché uno di questi giorni non me ne spedisci una, magari provo a tirarci fuori una storia a fumetti". Fu così che realizzammo la prima storia. Semplicemente mi sedetti al tavolo da disegno e trasformai quel frammento in una storia. La sua risposta fu immediata: "bene, ne ho un altro paio già pronte". Gli chiesi di spedirmele, avrei adattato anche quelle. Dopo aver realizzato la seconda, o forse la terza storia, Larry decise che avremmo potuto occuparci di quel progetto in  maniera regolare. Anche se, a onor del vero, fino a quel momento non ci avevo lavorato affatto in maniera regolare, perché all'epoca avevo molti impegni lavorativi anche al di fuori del campo del fumetto. Ma Larry voleva che diventasse una serie regolare. E proprio mentre questa decisione veniva presa, la Marvel decise di cancellare il magazine. Quindi questa prima esperienza fu solo una specie di prova generale. Ebbe vita breve. E non servì a traghettarci verso the 'Nam. 

una splendida e suggestiva sequenza
di Micheal Golden

Le storie pubblicate sul magazine e l'idea che venissero trasformate in una serie regolare ospitata all'interno della stessa rivista suscitò qualche reazione, qualche forma di entusiasmo all'interno della redazione della casa editrice? 

Da quel che capii non c'era alcun tipo di entusiasmo intorno al progetto. Era una serie bellica che sarebbe stata prodotta da una casa editrice che si occupava prevalentemente di Super-Eroi. Questo, in definitiva, era lo stesso motivo per cui Savage Tales fu effettivamente cancellata. Nessuno era davvero interessato a essa. 
Da quel che ricordo il mio coinvolgimento su 'the Nam, anche se sono trascorsi parecchi anni e non posso garantire che la catena di eventi che la generò si susseguì in questa maniera, ebbe inizio con una telefona di Dick Giordano dagli uffici della DC Comics. Mi telefonò per offrirmi di collaborare alla realizzazione di una delle serie di Batman - adesso non ricordo se si trattava di Batman o di Detective Comics. All'epoca stavo attraversando una di quelle fasi, cosa che mi capitava ciclicamente, in cui sentivo di voler dedicarmi ai comics a tempo pieno; per questo motivo accettare mi sembrò una buona idea. 
Batman mi andava bene, perché non era troppo supereroistico. Non era un personaggio che lanciava raggi dagli occhi o che era in grado di sollevare un auto. Batman è solo un detective che per caso ha deciso di indossare un costume. Mi convinsi che si trattava di una buona opportunità e gli diedi la mia disponibilità. 

Il giorno dopo ricevetti una telefona di Larry Hama. Mi disse di aver appena finito di parlare al telefono con Denny O'Neill, che era l'editor di Batman. Subito dopo cominciò a farmi una lunga paternale per convincermi del fatto che io non fossi davvero interessato a disegnare Batman (risate), ci scherzammo su... ma in realtà aveva ragione. 

In quel periodo non mi andava di disegnare Batman, in realtà non avevo alcuna voglia di disegnare super-eroi. Non volevo lavorare per la DC Comics. Ero stanco anche di lavorare con la Marvel. Poi, quasi magicamente, dalle labbra di Larry uscirono più o meno queste parole: "be', ci sarebbe questa idea per una serie sul Vietnam, potrebbe esserci materiale per una serie mensile". Gli risposi: "Mi piacerebbe occuparmene". 

particolare da una copertina

E ne ero davvero convinto. Mi sarebbe piaciuto realizzare una storia sul Vietnam, e appartenendo alla quella generazione volevo proprio farlo. Mi sembrava una bella idea e così dissi: "Ok, lo farò!". 

Subito dopo telefonai a Dick Giordano e mi rivolsi a lui dicendogli: "Mi è stata fatta una proposta per questo progetto. Non farò Batman". Sono certo che Dick non si è mai dimenticato di questa cosa. O'Neill ne fu felice. Non aveva alcuna voglia di avere a che fare con un tipo come me, pieno di contraddizioni (risate).

Pur non avendo partecipato a quella fase, sono certo che Doug e Larry avessero preparato un vero e proprio progetto che sottoposero a Jim Shooter. 
Shooter lo approvò, immaginando forse che avrebbe avuto vita breve. In ogni caso the 'Nam e il primo numero vendette più dell'albo degli X-Men che fu pubblicato quello stesso mese. 

Fu un gran successo. Da appassionato ricordo che la serie face parlare molto di se anche sui media nazionali, al di fuori dell'ambiente del fumetto. Suscitare questo tipo di reazioni vi avrà fatto avere una ulteriore soddisfazione, vero? 

Be'... ne ero assolutamente all'oscuro.

Oh! Davvero? E quando ti sei reso conto del successo che stavate riscuotendo? E' accaduto anni dopo o mentre ancora lavoravi sulla serie?

A dire il vero, non me ne resi conto finché non iniziai a lavorare come Editor alla DC Comics, forse anche dopo. Non credo di aver mai davvero compreso l'impatto che the 'Nam aveva prodotto. Per me si trattava solo di un lavoro per la Marvel, con i soliti parametri. 

Parlaci del tuo approccio allo stile di disegno adottato.

Una illustrazione bellica di Norman Rockwell


La guerra in Vietnam non era un qualcosa alla quale ci si potesse approcciare con una specie di foto realismo nostalgico. Non era la grande causa che ci aveva spinto a intervenire nella Seconda Guerra Mondiale, per la quale avremmo potuto decidere di immergerci in una narrazione per immagini alla Norman Rockwell. Il Vietnam era stato un momento confuso, sporco e imbarazzante per la nazione. Ed era una guerra davvero sleale per chi la viveva in diretta, non eravamo in grado di capire quali, tra le notizie provenienti dal fronte, fossero vere e quali false. 

Una condizione che colpì l'intera società del tempo. Per questo motivo avvertii che un approccio troppo realistico non sarebbe stato appropriato. 

Michael Golden

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