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ERIC STEPHENSON PARLA ALLA IMAGE EXPO: "LA IMAGE E' QUI PER DARE UN FUTURO AL FUMETTO, GLI ALTRI REPLICANO STANCHE FORMULE DELPASSATO"


Eric Stephenson


Secondo giorno per la Image Expo (che quest'anno precede di qualche giorno il San Diego Comic Con), secondo discorso di Eric Stephenson, che spiega agli intervenuti perché la Image Comics è l'editore del futuro. Ecco il testo integrale del suo discorso


"Le uniche regole sono quelle che creiamo" - Warren Ellis

Ogni volta che inizio a scrivere una di queste presentazioni, condivido il mio progetto iniziale con alcune persone e colleghi, e inevitabilmente c'è sempre qualcuno che mi suggerisce che una buona idea per iniziare un discorso è quella di fare subito una battuta.

Così, eccone una:

Una settima fa mi sono svegliato con la consapevolezza che l'industria del fumetto si apprestava a tempestare San Diego con una moltitudine di annunci inerenti fumetti basati su vecchi film o concessi su licenza da Serie TV, con una flessione del genere supereroistico, l'annuncio di cross-over che fino a qualche tempo fa non ci si sarebbe mai immaginati di pensare e il brutale assassinio di un personaggio per bambini.

Ho mandato un messaggio a un amico raccontandogli di questa mia illuminazione e la sua risposta è stata: "Eric, non sono neppure le 10 e già sei ubriaco?"

La verità è che davvero vorrei che lo fossi stato.

E' difficile credere che per quanto riguarda i fumetti, siamo riusciti a oltrepassare la soglia del nuovo millennio riuscendo a fatica a ottenere di essere considerati un prodotto culturale, ottenendo considerazione e dignità. E per la stragrande maggioranza dell'industria del fumetto questo è ciò che passa per nuovo.

Si vanno a saccheggiare le tombe per trovare vecchie idee che possano dare nuova vita a personaggi vecchi di decenni.

Argomenti come l'eguaglianza dei generi o contenuti culturali sono poco più che espedienti cui si fa ricorso per aumentare le vendite.

Questa è l'industria del fumetto del passato, signore e signori, e quest'anno si sta aggrappando alla vita.

Noi siamo qui per parlare del futuro.

Recentemente, nel corso di Comics in the City,  ho avuto l'opportunità di parlare con un gruppo di studenti del College Of the Arts della California, e devo dire che è stata un'esperienza esaltante.

Questo ve lo racconto non perché mi piace parlare di me o di trovarmi davanti a un pubblico, ma perché il pubblico che mi era davanti era totalmente composto da studenti del College of the Arts della California, un pubblico che si è iscritto al corso di fumetti, e osservare questo pubblico, notandone la eterogeneità, mi ha riempito di speranza.

La speranza è importante nei fumetti, ed è importante per il futuro del fumetto.

Lo so perché ogni volta che vedo o ascolto una nuova idea, ogni volta che mi accingo ad approvare una nuova serie per pubblicarla con la Image, spero che si appresti a fare la differenza in un mercato che è invaso da centinaia di fumetti concepiti, come accade da decenni, per essere sempre la stessa cosa.

E' quella speranza che mi ha portato a lavorare nei fumetti, perché in qualità di studente della storia del fumetto ero consapevole che l'unico modo di rinverdire i fasti del passato e di autori come Steve Ditko e Jack Kirby era di sfornare nuovi fumetti alla stessa maniera con cui si faceva negli anni '60, mese dopo mese, cambiando le regole e realizzando i fumetti che davvero si desiderava fare.

Prima di quel momento, più o meno intorno alla metà del XX secolo, era opinione diffusa che i fumetti erano condannati all'estinzione. Un nuovo dispositivo popolare aveva fatto la sua comparsa e tutti ne erano entusiasti - la televisione! - e le vendite dei fumetti erano in costante diminuzione rispetto ai picchi registrati negli anni '40.

I fumetti sembravano una reliquia del passato, ma solo grazia alla creatività e alla perseveranza di una manciata di uomini, a questa industria morente fu data una nuova prospettiva di vita.

Un futuro.

E' successo poco più di cinquanta ani fa, ma se non fosse stato per la speranza che hanno nutrito quegli artisti del passato, artisti che hanno voluto fare la differenza realizzano qualcosa di nuovo e diverso, oggi non staremmo qui a questo Festival, che è diventato una grande evento culturale.

E senza la speranza di quegli uomini e donne, ho detto alla College Of the Arts della California, senza l'ambizione di tutte quelle persone che non solo vogliono lavorare nel mondo del fumetto, ma vogliono scrivere e disegnare i propri fumetti, alla propria maniera, non ci sarà un domani.

Vedete, dovete combattere per il futuro.

Una delle domande che mi è stata più spesso rivolta al College Of the Arts della California è come fare a creare più diversità.

Per decenni l'industria del fumetto è stata vista come un club per ragazzi, ma le cose stanno cambiando.

Il motivo per cui sta cambiando è che ora più che mai il fumetto interessa a lettori che non sono i tradizionali lettori che lo seguono sin dal suo rilancio avvenuto negli anni '60.

Un'industria il cui Status Quo all'epoca imponeva che a leggere i fumetti fossero prevalentemente dei ragazzini bianchi, uno status quo che ha creato un ristagno di idee adatte per lo più a ragazzini bianchi.

Se abbiamo intenzione però di costruire un'industria più varia, se davvero vogliamo sviluppare talenti differenti è di importanza vitale che si producano fumetti in grado di raggiungere un pubblico quanto più ampio è possibile, perché non è ipotizzabile che persone che non hanno mai letto un fumetto all'improvviso decidano di lavorare in questo settore.

Gli uomini e le donne che attualmente sono professionisti nel mondo dei fumetti, lo sono diventati perché sono cresciuti amando questo mezzo e volendone disperatamente farne parte.

Non possiamo tornare indietro nel tempo e cambiare il numero dei lettori di fumetti, ma cambiando adesso la nostra proposta possiamo chiedere un futuro migliore.

Il cambiamento è assolutamente parte integrante del nostro futuro.

Si può decidere a continuare a fare le cose come sono state fatte sinora, o accettare che così non si può andare avanti e spostarsi in avanti.

Si può rimanere fermi.

Non ha funzionato per i comics negli anni '60, e non funzionerebbe per quelli attuali.

Nel corso del 2014, la Diamond ha segnalato nuovamente un calo delle vendite rispetto a quelle dell'anno precedente. Nel periodo centrale dell'anno, le vendite (sia per quanto riguarda i dollari incassati che le singole copie vendute) sono diminuite, e questa non è la direzione che noi ci auspicavamo.

La direzione in cui va il mercato, dunque, è verso la decrescita. E' quello che succede quando si resta per troppo tempo fermi in piedi su una superficie friabile, il terreno sotto di voi comincia a franare. Si erode, dapprima lentamente e poi più velocemente.

Ecco perché qui alla Image Comics abbiamo una politica basata su due semplici parole:

Andare avanti.

Se mi date l'opportunità di mostrarvi un grafico posso mostrarvi come questa politica sta funzionando per noi.

Crescita annua della Image Comics 
In passato ho più volte parlato del successo che negli ultimi anni la Image sta riscuotendo e del fatto che le nostre vendite annue, sia per quanto riguarda i dollari incassati che le singole copie vendute, sono in costante aumento sin dal 2009. Quello che però oggi vorrei portare alla vostra attenzione è un dato che è in netto contrasto con tutto il resto del mercato. Come potete vedere stiamo avendo un'annata davvero grande, la nostra migliore annata da oltre un decennio.

Le vendite della Image sono cresciute rispetto a quelle dello scorso anno, con un dato inn controtendenza rispetto a quello dell'industria dei comics che invece è in decrescita,  e questa non è la prima volta che accade.

L'andamento del mercato generale e
quello della Image


E per questo vi ripeto che la crescita è direttamente collegata al nostro rifiuto di stare fermi.

Non mi  piace ripetermi, ma il fatto è che nonostante il successo fenomenale che stiamo riscuotendo in questi anni, l'onere di spiegarvi cosa sta succedendo, anche quando ormai è evidente, resta a mio carico.

Forse è il momento che proviamo con un approccio differente...



All'inizio dell'anno ho parlato con un gruppo di rivenditori nel corso di un incontro annuale organizzato da una Associazione che si chiama ComicsPRO (QUI il testo integrale dell'intervento) .

Come spesso accade quando parlo, qualcuno si è un po' arrabbiato. 

Non riesco a immaginare che anche qui, oggi mi stia facendo degli amici, almeno non tra i nostri concorrenti. 

Le persone che sono  sempre disponibili a perseverare con il vecchio modo di fare fumetto, non sono molto inclini a sentirsi dire che quello che stanno facendo è dannoso per il fumetto, anche se fatto con le migliori intenzioni. 

Ma dico quel che dico, faccio quel che faccio, e assumo queste decisioni perché ritengo che il futuro del fumetto sia una cosa giusta per cui lottare.

Non importa quel che dicono gli altri o se qualcuno si ritiene offeso da quel che dico, non torno sui miei passi né sul fatto che ritengo che i fumetti sono qualcosa di più che un mero strumento per commercializzare film, giocattoli o videogiochi. 

Questo vuol dire che non ci sono buoni fumetti basati su Film, giocattoli o videogiochi? 

Certo che no: gli scrittori e i disegnatori che rendono questo settore tanto speciale, sono però dotati di troppo talento per non metterlo al servizio di qualcosa sulla quale non siano assolutamente liberi. 

Non è importante quanto possano essere realizzati bene quei fumetti, né quanto possano essere belli, quei fumetti non sono il futuro. 

La nostra concorrenza, riconoscendoci il successo che stiamo riscuotendo e come continuiamo a crescere, sta iniziando ad avere un rinnovato interesse nei fumetti creator-owned. 

Plaudo lo sforzo, ma troppo spesso appare evidente che i fumetti che state pubblicando non sono di proprietà degli autori, sebbene ci sia un coinvolgimento (anche in termini di diritti dell'autore), in questo caso quel che si può fare è chiamarli "creator-driven".  

C'è un termine per voi: 

"Creator-driven" 

E' evidentemente assurdo che non si dovrebbe nemmeno tentare di replicare quel termine. 

Non ricordo chi ha coniato il termine, ma ero ad una conferenza durante il ComicPRO di quest'anno e vicino a me c'erano i rappresentati di quattro dei nostri concorrenti più diretti. 

Qualcuno - non ricordo esattamente chi - ha detto che non è importante di chi sia la proprietà dei diritti di un fumetto, l'importante è che l'autore ne abbia il controllo del processo creativo. E tutti sembravano d'accordo. 

Forse "Creator-Owned" non è un termine particolarmente seducente quando di tratta di dover far marketing e vendere i fumetti, perché in ultima analisi quel che i lettori vogliono leggere è qualcosa che li diverta. 

"Creator-driven" 

Ancora una volta è il passato che parla. 

L'errore che i miei colleghi continuano a commettere è che non capiscono che agli autori importa fare fumetti "creator-owned" perché hanno a cuore il futuro del fumetto, vogliono un futuro migliore.  

La differenza tra creator-driven (in cui il creatore non è necessariamente proprietario dei diritti ma  ha il controllo del processo produttivo) e creator-owned, è che il primo si attiene a uno standard del settore che avrebbe avuto senso per avere buone recensioni molto tempo fa, il secondo è qualcosa per cui vale la pena lottare. 

Attraverso le esperiense di Jerry Siegel e Joe Schuster, Jack Kirby, Alan Moore, Brandon Graham fino a arrivare a Brian K. Vaughan e Kelly Sue DeConnick, gli autori dovrebbero ormai aver capito qual è la differenza tra un buon affare e trovare la merda alla fine di un bastone. 

Ecco perché la Image continuerà a produrre i migliori fumetti con i migliori creatori, senza che debbano rinunciare alla loro parte di profitti né tanto meno all'1% dei loro diritti.

Ecco perché la Image Continuerà a crescere. 

In molti mi hanno deriso quando ho affermato che il nostro obiettivo è quello di diventare il primo editore sul mercato, ma considerate questo: 

L'anno che mi hanno assunto come Editor, la nostra quota mercato era scesa intorno al 3%. 

L'anno scorso è stata dell'8%. 

E stando a quanto visto nei primi sei mesi di quest'anno siamo intorno al 10%. 

E questo non perché le nostre serie sono creator-driven, ma perché sono creator-owned. 

Davvero credete che i fumetti creator-owned non siano importanti? 

Gli uomini e le donne che lavorano in questo settore e coloro che aspirano a lavorarci la pensano diversamente: 

I fumetti creator-owned sono il futuro. 


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