Chris Claremont: "le storie di supereroi dovrebbero essere più vicine alla realtà che ci circonda e non limitarsi a raccontare vicende di tizi in calzamaglia che se le danno di santa ragione"
Chris Claremont, con il suo lunghissimo (e fortunatissimo) ciclo di episodi sulle collane degli X-Men, è uno degli scrittori più amati della storia del fumetto al punto che, dopo un fortunato crowdfunding, alla sua carriera è stato dedicato un documentario diretto da Patrick Meaney. Distribuito in dvd nel 2013, il documentario ha avuto un buon successo e poi è finito fuori catalogo. Ma le pressanti richiesti dei fan hanno convinto il regista a crearne una versione estesa che a partire da oggi sarà disponibile si vimeo.
Per celebrare l'occasione, Bleeding Cool ha incontrato lo scrittore e lo ha intervistato. Quello che segue è l'interessante (a tratti illuminante) resoconto della chiacchierata.
Qual è il tuo X-Man preferito? E qual è la tua storia preferita?
Chris Claremont: Finirai per odiare questa domanda. Per quel che riguarda i personaggi, probabilmente il mio preferito è quello che sto scrivendo, mentre lo sto scrivendo. Con un pantheon come quello dei personaggi che compongono gli X-Men non riesco ad avere preferiti. Li frequento da troppo tempo per preferirne uno a un altro. Per quanto riguarda le storie, dovrei dire che la mia preferita è quella che si dipana dal num. 94 fino al num. 279 inclusi. Tutto il mio ciclo durato 17, o 16 anni. Dal mio punto di vista, infatti, si tratta di un'unica lunga storia suddivisa in tante piccole parti. Sceglierne l'uno anziché un altro è difficile, è come rispondere alla domanda: Qual è stato il giorno più bello della tua vita? C'è n'è stato uno, poi un altro e... un altro ancora.
particolare dalla copertina di "Dio ama, l'uomo uccide" |
Ho ventidue anni, e ho letto di recente la graphic novel "Dio ama, l'uomo uccide". La mia prima reazione è stata quella di esclamare qualcosa tipo "Wow! E' una storia di tanti anni fa, ma è ancora di incredibile attualità, come se non fosse cambiato nulla!" Mi chiedo se all'epoca ti aiutassi con una bacchetta magica e di che tipo di storie a fumetti abbisogna il mondo di oggi?
Claremont: Credo che i fumetti abbiano bisogno di storie che siano in grado di attirare l'attenzione dei lettori quando sono giovani, durante l'adolescenza, e che sappiano continuare ad appassionarli quando hanno venti, trenta, quaranta anni. Quel che per me ha reso la Marvel meravigliosa ai miei occhi è che quando penso a Reed, Ben, Sue e Johnny, Peter, Thor o Steve Rogers dico tra me e me: "queste non sono icone, queste sono persone". Frequentano luoghi veri che non sono distanti da quelli che frequentiamo noi. Quando ero ragazzino, ricordo che durante un fine settimana trascorsi un pomeriggio nel Lower East Side alla ricerca di Del Floria, un negozio di vestiti che avevo visto in un episodio di Man from U.N.C.L.E. Non avevo realizzato che le scene erano state girate in un teatro di posa. Avevo pensato che si trattava di un posto reale e volevo trovarlo perché era bello.
Quel che, secondo me, ha reso la Marvel viva è il fatto di poter vedere i suoi personaggi interagire nella realtà che ci circonda, Thor sarebbe potuto davvero entrare in uno yellow cab, mentre la Cosa sarebbe potuta andare in un bar o che i miei ragazzi avrebbero potuto andare a fare compere nella gastronomia dietro l'angolo di casa mia. Metti insieme tutti questi elementi e aggiungi che una delle cose che più mi piace pensare è che ognuno di noi potrebbe indossare un costume e prendere a pugni i malvagi. Ma ciò che rendeva la Marvel così divertente era la possibilità di entrare nella testa dei personaggi, mostrare chi fosse la persona dentro il costume; cosa vuol dire essere una persona di colore con i super poteri o una persona appartenente a una religione non politicamente corretta che cerca di vivere in un'America che sta scegliendo da quale parte schierarsi, non sapendo quale aspetto prediligere; uomini e donne che si occupano di iniquità sociali e personali.
Come bisogna difendersi? Se sei un supereroi come lo gestisci? Sei un supereroe e commetti un errore, o peggio ancora è un tuo amico a sbagliare. Ti fai coinvolgere? E come ti fai coinvolgere? Riesci a risolvere la situazione? Come ne vieni influenzato? Come ti comporti se i tuoi genitori sono stati licenziati? Se Zia May non è in grado di mantenere Peter e questi non può aiutare la zia? Questo è tutto materia per storie.
Semplificare le storie a un uomo che indossa un costume attillato intento a combatterne un altro che indossa un costume altrettanto attillato può essere divertente. Ma cosa ti resta poi? Dopo una settimana o un anno, cosa ti ricorderai di quella storia? Preferisco dare un'occhiata quanto fatto da Stan Lee; pensate ai Fantastici Quattro che affrontano Galactus, lo sconfiggono e salvano il mondo. Poi che succede? Johnny Storm va al college. Wow, una cosa così normale! Ti crea un legame; la vera vita di un personaggio immaginario ha rilevanza e impatto sulla vita di chi legge e segue le sue avventure. Questo è quel che rende la fantasia molto più interessante e i personaggi molto più importanti.
Parliamo di Miss Marvel. Era stata protagonista di una storia molto bizzarra su Avengers 200 e tu hai provveduto a correggere quanto avvenuto. Cosa ti ha spinto a farlo?
CC: Sentivo che se Carol fosse stata una mia amica, e se le fosse successo qualcosa di assurdo e crudele come le era accaduto sulle pagine dei fumetti, beh, mi piacerebbe pensare che le sarei stato vicino. Non è così che funziona l'amore. Non è così che si comportano gli amici. Mi sembrava che il personaggio fosse stato manipolato per soddisfare un'esigenza narrativa, senza però tener conto delle esigenze del personaggio - di lei come persona. E quello che volevo fare, era darle la possibilità di mostrare la sua versione dei fatti, e di dire ai Vendicatori che forse era il caso di tornare indietro e ricordarsi che da un grande potere derivano grandi responsabilità.
La responsabilità non consiste solo nello sconfiggere il malvagio di turno. Non consiste solo nel salvare il mondo. Responsabilità significa cercare i tuoi amici, cercare le persone innocenti che si lasciano coinvolgere da tutte le follie dei supereroi, ascoltarle e fare tutto il possibile per aiutarle.
E, in quel caso, ho sentito che non lo facevano. Tornando a God Loves, Man Kills, c'è un momento in cui l'insegnante di Kitty Pryde, Stevie Hunter, la sgrida per la reazione che Kitty ha avuto nei confronto di un altro studente che stava facendo commenti anti-mutanti. Mentre Stevie la redarguisce, Kitty le risponde in maniera molto brusca, "Sì? E se ti chiamasse negra di *****? Come ti sentiresti a riguardo?"
E Stevie era nera, e quella, per me, è una parola che non dovrebbe essere usata, e non dovrebbe essere usata in un fumetto. Ma quello era una graphic novel. Queste sono persone che si occupano delle situazioni delle persone. Le parole feriscono. Le azioni hanno conseguenze. Le scelte devono essere compiute. Se gli eroi sono coloro a cui è demandato il compito di salvare gli altri, allora la loro responsabilità è quella di ascoltare e aiutare gli altri. Ho sentito che quanto narrato in Avengers #200 fosse un'occasione mancata. E volevo fare il possibile per porvi rimedio con l'annual. Credo che, anche grazie all'aiuto di Michael Golden, di esserci riuscito.
una vignetta disegnata da Michael Golden tratta da Avengers Annual 10 |
Prima di salutarti, volevo ringraziarti, e volevo ringraziarti anche a nome di una mia collega, che voleva esprimerti la sua riconoscenza per aver creato così tanti personaggi femminili belli tosti...
CC: Be' una delle mie migliori amiche... ricordo che un sabato mattina mi sono svegliato ascoltando una delle sue trasmissioni da Sarajevo. Mentre urlava a un collega di mettersi al riparo dai proiettili che gli passavano sulle teste. Non c'è nulla che ti faccia svegliare più velocemente di una cosa del genere. Conosco troppe donne che, adempiendo al loro lavoro, compiono atti eroici. E ho pensato, se possono farlo nel mondo reale, perché non potrebbero riuscirci anche indossando una tutina attillata?
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