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TOM BREVOORT: "AI CREATORI VANNO I MERITI, AGLI EDITOR GLI INSULTI"


Tom Brevoort fotografato nel corso della conferenza
How to edit Comics tenutasi lo scorso week-end al
Baltimore Comic Con


Durante l'ultimo fine settimana si è tenuta la Baltimore Comic Con, convention che forse non si è segnalata per le "bombe" sganciate dalle case editrici né per novità particolarmente eclatanti ma, nel corso della quale,  Tom Brevoort ha tenuto la sua consueta conferenza denominata "How to Edit Comics". Una conferenza rivolta a un pubblico di aspiranti addetti ai lavori, durante la quale il Senior Vice President of Publishing della Marvel ha espresso delle interessantissime considerazioni riguardo il lavoro dell'editor.

"La principale filosofia della Marvel è questa, 'ai Creatori vengono attribuiti i meriti, agli Editor vanno gli insulti'. Questa non è la mia opinione, ma un fatto, se stai facendo bene il tuo lavoro di editing nessuno appassionato se ne accorge. Gli autori sono le star, gli attori, inseriti nello show per fare audience. L'Editor rappresenta un supporto. Stai dietro le quinte, spingi il sipario e cose del genere. Questa è la divisione del lavoro. Provare a scrivere i fumetti dal sedile posteriore conduce solo ad avere pessimi fumetti."

La seconda regola potrebbe, invece, essere riassunta così: "Come Editor bisogna assumersi le proprie responsabilità. Il che, fondamentalmente, significa fare il proprio lavoro, far si che le storie siano pubblicate in tempo e assicurarsi che queste storie siano rispettose dell'universo Marvel e dei limiti da esso imposti. E, in ultimo, il lavoro dell'editor consiste nel vendere fumetti; e i buoni fumetti vendono meglio di quelli scadenti. Un'altra delle responsabilità dell'editor è quella di compiere delle scelte, e assumersi la responsabilità di quelle scelte. In una casa editrice di grandi dimensioni come la Marvel è facile evitare di assumersi delle responsabilità; ma non fatelo".

Ma la "lezione" di Brevoort non si ferma qui: "la lealtà degli autori deve essere rivolta alla storia, mentre quella degli editor deve essere per la serie". In altre parole, l'editor deve aver cura non del singolo albo e dell'arco narrativo, ma deve prendersi cura e preservare la serie. "Questo non significa che siamo contrari ai cambiamenti, ma se dobbiamo rompere il giocattolo dobbiamo farlo in un modo che abbia senso. Gli editor che non sanno dire di no non lasciano il segno sulla serie, e non durano a lungo".

"L'editor è anche il primo lettore della serie, e ha bisogno di immaginarsi come funzionerà la serie, è eccitante, e, bisogna prendersi cura di tutto" poi, citando Tom De Falco, aggiunge "L'editor è una opinione in continuo movimento. Devi avere questa opinione, usarla e difenderla".

Parlando poi del rapporto tra Editor e autori, Brevoort ha spiegato: "(gli autori) sono persone che hanno nuove idee tutti i giorni. Se tu non gli dai un feedback, prima o poi diranno che odiate loro e il loro lavoro e che li volete vedere morti... la comunicazione è uno degli aspetti centrali del lavoro di editing".

Riguardo, invece, la capacità di creare fumetti di successo: "il 99% del lavoro consiste nell'assumere le persone giuste. Per ogni personaggio è necessario assumere persone che siano in sintonia con la serie e con le tue idee. I personaggi fanno gli autori e viceversa. Quando Jim Lee stava sugli X-Men si guadagnò molta attenzione e ne fece guadagnare altrettanta ai mutanti".

Per un editor è fondamentale chiedersi qual e lo scopo di un progetto: "Cosa lo rende unico? Alle volte la ragione è puramente economica. La serie di Spider-Man vende, se ne produce un'altra. Questo non significa che non debba avere comunque delle sue caratteristiche, un approccio diverso o degli autori ben precisi. Potete anche fare tutto bene e non avere una serie di successo. Non esiste una equazione per avere successo. Un progetto è dato un personaggio più un autore più un'idea. Potete avere due di queste su tre, ma se possibile dovete avere tutti questi fattori. Quando accettate un progetto dovete essere certi che vi piace quello che state facendo e che avete tutti e tre i fattori dell'equazione. Alle volte il vostro lavoro è semplicemente capire di non dover fare nulla. Se c'è una storia buona, che si legge bene... state al vostro posto e tenete le vostre mani lontano dalla storia. Altre volte vi può toccare l'ingrato compito di dover licenziare qualcuno. E' un lavoro duro, ma dovete farlo in maniera corretta. Non è mai bello dover chiamare qualcuno e dirgli che è stato licenziato. Ma non dovete mai farlo via e-mail, o come fece uno st**nzo negli anni '90 via fax. Diteglielo in faccia. Non è divertente, ma per fare la cosa giusta dovete fare quella più difficile".

Parlando poi più specificamente del lavoro svolto per la Marvel, Brevoort spiega: "Che cos'é una Storia Marvel? Al centro, molto più spesso di quanto si creda, la storia riguarda la persona che indossa il costume, poi si considerano il costume e i poteri. Ma le storie sono sempre inerenti l'individuo. Molto spesso le storie sono delle metafore - ad esempio gli X-Men sono in qualche modo una metafora della tolleranza. Se capisci quale deve essere la tua metafora, capisci come proporla ai lettori. Anche per Thor, potete realizzare delle storie riguardo la relazione tra un uomo, suo padre e suo fratello. Il trucco delle storie è quello di rivelare una verità emozionale. Vuoi fare effetto sul lettore, fargli sentire... qualcosa. Un'altra cosa importante è che non bisogna realizzare storie su altre storie, magari storie per correggere errori di continuity commessi cinque anni prima. Noi puntiamo ad una audicence che è composta da tutti gli esseri umani del pianeta, così ogni storia che vogliamo raccontare deve essere concepita per toccare l'emotività della più vasta audience possibile. Così toccare l'emotività dei lettori è più importante della correttezza del plot. In ogni albo commettiamo degli errori, se vuoi spiegare un errore di continuity devi trovare una ragione emozionale per farlo. Le didascalie alla Claremont, all'interno delle quali viene descritto esattamente cosa accade nella vignetta, appartengono al passato. Le storie devono essere il più lineari possibili".

Insomma le idee di Brevoort sono molto chiare e credo siano utilissime per chi vuole fare l'editor alla Marvel, ma nonostante tutte queste regole auree mi chiedo... come mai le storie di oggi vendono sempre meno? E' vero che c'é la concorrenza di tanti altri mezzi di intrattenimento ludico, ma è possibile che le storie concepite anni fa per il ragazzino nerd del Minnessota, interessato a sapere come mai Silver Surfer, nonostante il vincolo impostogli da Galactus, aveva potuto superarlo per recarsi alla veglia funebre di Capitan Marvel, facessero più breccia nel cuore dei lettori di tutto il mondo di queste scritte oggi proprio con l'intenzione di essere più universali?

2 commenti:

illustrAutori ha detto...

temo sia perché oggi è più cool essere sui social network, ahinoi... benedico ogni mattina che quand'ero adolescemo tutta 'sta roba non c'era ;-)

Chas ha detto...

Forse perché quelle storie le scriveva un ragazzino nerd. Tipo chessò, Stan Lee, o Roy Thomas. Uno che non modulava un arco narrativo su 12 numeri per farci due TP. Uno che per scrivere una serie magari si chiudeva nell'archivio Marvel con tutti i numeri precedenti in serie cronologica e un blocco per appunti. Uno che per sfanculare un supervisore usava un elemento si sfondo di una vignetta e non un post lagnoso su un blog...

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