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GLI ORFANI: ALCUNE CONSIDERAZIONI A MARGINE (E NEL MERITO)


teaser pubblicitario de Gli Orfani


Negli ultimi giorni, da quando Gli Orfani, la nuova (maxi)serie edita dalla Sergio Bonelli Editore è stata distribuita, sono state tante le persone che mi hanno chiesto di esprimere un parere su questa nuova avventura editoriale. Ammetto di non amare il ruolo di recensore, e per questo motivo in genere evito di scrivere approfondite analisi critiche, ma ritengo che qualche parola vada comunque spesa.

Prima di entrare nel merito della serie (in ogni caso ai più pigri posso evitare di scorrere concitatamente la scrollbar e dire immediatamente che il mio indice di gradimento è stato molto positivo) credo però che siano opportune alcune precisazioni, o meglio contestualizzazioni.

Su facebook ho letto molti pareri di lettori delusi, la critica più frequente è che dopo l'enorme battage pubblicitario fatto dagli autori, molti di loro si aspettavano un fumetto di una qualità superiore. Questo tipo di considerazioni mi lascia davvero perplesso. A prescindere che va dato merito a Roberto Recchioni (un uomo che da solo vale un ufficio stampa) di aver messo a punto una campagna di lancio davvero prodigiosa, mi sembra che molti si siano dimenticati il motto che recita che "la pubblicità è l'anima del commercio" e l'unica finalità della pubblicità, dunque, consiste nel sedurre il consumatore ad acquistare un prodotto, la cui qualità va provata solo dopo l'acquisto. Considerarsi ingannati dalle promesse fatte dalla pubblicità della serie (promesse che, a parer di chi scrive, sono tutt'altro che ingannevoli) è un po' come scoprire che i biscotti del Mulino Bianco non sono prodotti da Banderas, coniglietti, gallinelle e tutti gli allegri animaletti dell'allegra fattoria.

una bella vignetta tratta da Orfani #1
disegni di Emiliano Mammucari

Altri delusi si son lamentati del fatto che Gli Orfani non si è rivelato un fumetto rivoluzionario. Io, invece, ritengo che, sebbene limitatamente al contesto italiano, la miniserie di Mammucari e Recchioni è a dir poco rivoluzionaria. Per sottolinearne l'impatto devastante, bisogna prima però constatare che il mercato italiano (per editori e dati di vendita della Bonelli) è una anomalia mondiale (basti pensare che Tex, da solo, vende più di quanto non faccia Batman negli USA), con una unica (o quasi) casa editrice che produce materiale autoctono e che determina gusti, mode, ambientazioni e formati editoriali che influenzano e condizionano tutto il mercato. Il fatto che, dopo oltre cinquanta anni di storia, la Bonelli abbia messo in produzione una serie interamente a colori, strutturata per stagioni (proprio come le serie TV), adottando sistemi di colorazione all'avanguardia (e investendo una cifra da far tremare i polsi) è molto più di una rivoluzione, è (potenzialmente) l'alba di una nuova era. È ovvio che se si paragona un simile sforzo a quello fatto da altri editori su altri mercati (a esempio Francia e USA dove il colore è una tradizione consolidata e quasi irrinunciabile) tutto possa sembrare una routine, ma in fin dei conti siamo in Italia e dobbiamo prendere in considerazione il nostro mercato e gli effetti che Gli Orfani potrà produrre su di esso.

una vignetta tratta da Gli Orfani #3
disegni di Gigi Cavenago
A proposito di sforzi, non bisogna assolutamente sottovalutare quello economico e artistico compiuto dalla Sergio Bonelli Editore per lanciare Dragonero e Gli Orfani, uno sforzo enorme effettuato in un momento difficile dal punto di vista economico generale e durante il quale sembra che i concorrenti più diretti, Aurea Editoriale e Star Comics, si stiano disimpegnando dalle produzioni autoctone.

Vale la pena fare un'ultima considerazione riguardo la distribuzione dei numeri zero. In molti in fumetteria mi han chiesto le ragioni per cui l'albo non è stato distribuito nel nostro settore, mi stupisce che nessuno abbia provato a darsi l'ovvia risposta. Il mercato di riferimento della SBE è l'edicola (e quindi bisognerebbe stupirsi del perché i numeri zero non siano stati distribuiti nelle circa 30 mila edicole disseminate nella nostra penisola anziché che nei 300/400 negozi specializzati), ma l'idea di marketing che ha spinto la casa editrice a produrre quegli albi è quella di raggiungere nuovi potenziali lettori (preferibilmente under 20), attratti da altre forme di intrattenimento e inconsapevoli delle nuove frontiere che il fumetti d'avventura nostrani stanno sfidando. Da questo punto di vista la distribuzione nei negozi di videogiochi mi sembra ovvia e doverosa; insomma, mi sarei stupito molto di più se si fosse adottata la decisione di pubblicizzare le serie nel più ristretto mercato degli affezionati frequentatori dei comics shop.

una vignetta tratta da
Gli Orfani #6
disegni di Werther Dell'Edera
Detto ciò non mi resta che parlare del primo numero della serie. Un albo d'esordio che non tradisce le (altissime) aspettative di chi scrive. Doveva essere l'equivalente a fumetti di un blockbuster hollywoodiano e così è stato. Roberto Recchioni (autore di una sceneggiatura solida e di dialoghi stringati ed efficaci - distanti anni luce da quelli troppo spesso ridondanti e inutilmente lunghi di molta altra produzione Bonelli) e Emiliano Mammucari (disegnatore straordinario capace di vivere la sua terza metamorfosi stilistica da quando lo seguo, e autore di vignette caratterizzate da una scansione narrativa forsennata e da un tratto asciutto e dinamico, essenziale e più che mai umilmente al servizio del colore - e che colore!) sono in forma smagliante e danno al lettore proprio ciò che avevano promesso: puro intrattenimento adrenalinico.
Efficace, innovativa e silenziosa come la rivoluzione dei garofani avvenuta in Portogallo la linea grafica adottata da Paolo Campana, per una volta sfogliando un albo Bonelli sembra di avere tra le mani una produzione moderna.

In definitiva questo primo albo de Gli Orfani è un antipasto più che sufficiente per osservare con trepidazione, curiosità e suspense lo scorrere dei giorni sul calendario, nell'attesa di quel 16 novembre che segna l'appuntamento con il secondo numero della serie. Si poteva chiedere di più? Secondo me, no.

Davide Gianfelice
tavola tratta dal numero 8

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi ha ricordato troppo starship trooper (si scrive cosi?) e la delusione nasce da li,è stato come vedere un film già visto

paolo papa ha detto...

parliamoci chiaro, per adesso, la cosa più bella di questo primo numero è la parte grafica, davvero di alto livello, con un'integrazione perfetta di disegni e colori.
per quanto riguarda la storia credo che sia ancora presto per esprimersi, no? siamo solo un primo numero, certe leggerezze si possono ancora concedere, a patto che con il secondo numero si inizi a fare sul serio.

Anonimo ha detto...

Come mi ha fatto notare un amico qualche tempo fa, probabilmente, il terzo episodio/numero è il decisivo. L'esame finale. Se lì non ti prende, abbandona.

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